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Walter Amaducci: Il Priorato di San Pietro a Cesena

Il Priorato di San Pietro a Cesena.    



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SAN PIETRO: DA PRIORATO A PARROCCHIA



Sorto sul sito di un primitivo edificio cristiano di origine ravennate e risalente al VII-VIII secolo, il priorato di San Pietro in Strada, nei sobborghi di Cesena, divenne parrocchia nel 1319. Il primo parroco fu padre Lucio Tiberti che apparteneva alla congregazione di Santa Maria di Vincareto, monastero situato presso Collinello, della diocesi di Forlimpopoli, con una regola che lo collegava all’Ordine dei Canonici regolari di San Marco di Mantova. Agli inizi del secolo successivo il priorato di San Pietro fu aggregato a Camaldoli alle cui dipendenze rimase per circa un secolo. Dal 1517 la chiesa di San Pietro con i relativi beni passò alla mensa del Capitolo della basilica di San Giovanni in Laterano, che governò la parrocchia per quasi quattrocento anni tramite un curato vicario. Furono i canonici lateranensi a decidere la demolizione dell’antico monastero e la costruzione dell’attuale chiesa che fu consacrata il 13 ottobre 1799.











PRESENTAZIONE
DI MONS. DOUGLAS REGATTIERI
VESCOVO DI CESENA-SARSINA



Volentieri accolgo l’invito di mons. Walter a scrivere la presentazione al suo volume:
Il priorato di San Pietro a Cesena (Società di Studi Romagnoli, 2019).

1. Ricordando il passato

È sempre bello vedere una Comunità che ricorda le sue radici e che, riandando alle origini, cerca di rinnovarsi. La Comunità di San Pietro per l’intelligenza feconda e la intraprendenza pastorale del suo parroco, mons. Walter Amaducci, vive quest’anno il settimo centenario di fondazione come parrocchia. Le cronache fissano infatti tale data nel 1319. Il priorato di San Pietro dalla presenza dei monaci camaldolesi è poi passato alla pastorale diocesana sotto la soprintendenza del Capitolo della basilica di San Giovanni in Laterano.
Distrutta dal bombardamento aereo del 1944, la chiesa parrocchiale fu ben presto ricostruita e ora risplende dopo gli ultimi interventi di restauro. Il giorno 29 settembre 2019 la Comunità ha ricordato la ricorrenza centenaria con la presenza del card. Giovanni Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei santi.
Recentemente papa Francesco nell’Esortazione apostolica post-sinodale Christus vivit ha scritto che i giovani hanno bisogno di richiamarsi alle radici per vivere il presente e costruire il futuro (cfr. CV, n. 181). Le radici di una pianta non si vedono, ma sappiamo che costituiscono, sotto terra, il fondamento sicuro e promettente per la crescita dell’albero. La memoria del passato ci è necessaria se vogliamo che il presente e il futuro abbiano il loro stabile fondamento per uno sviluppo rigoglioso e fecondo.

2. Una Comunità viva

San Pietro è stata, in passato, una Comunità molto ampia ed estesa anche dal punto di vista dei confini territoriali. Soprattutto ha conservato fino ad oggi una certa vivacità pastorale. In essa infatti operano diverse associazioni e movimenti ecclesiali; custodisce una intensa e profonda vita liturgica e sacramentale; al suo interno pullulano con promettente rigoglio iniziative di solidarietà fraterna verso i poveri e gli ultimi; la Parola proclamata e spezzata in opportune e variegate forme di catechesi alimenta la vita spirituale di ciascuno e dei gruppi. Auspico che il settimo centenario della fondazione della parrocchia costituisca un forte momento di crescita spirituale e di rinnovamento pastorale.

3. Che guarda al futuro

Mi pare opportuno riprendere in questa introduzione la bella immagine usata da papa Francesco nell’Esortazione sui giovani: «A volte ho visto alberi giovani, belli, che alzavano i loro rami verso il cielo tendendo sempre più in alto, e sembravano un canto di speranza. Successivamente, dopo una tempesta, li ho trovati caduti, senza vita. Poiché avevano poche radici, avevano disteso i loro rami senza mettere radici profonde nel terreno, e così hanno ceduto agli assalti della natura. Per questo mi fa male vedere che alcuni propongono ai giovani di costruire un futuro senza radici, come se il mondo iniziasse adesso». Perché «è impossibile che uno cresca se non ha radici forti che aiutino a stare bene in piedi e attaccato alla terra. È facile “volare via†quando non si ha dove attaccarsi, dove fissarsi » (CV, n. 179). È proprio così: per avere stabilità, stare in piedi e quindi avere una prospettiva certa per il futuro bisogna fondarsi su sicure solidi radici. Mi auguro che la rievocazione storica non si esaurisca in uno sterile ricordo del passato, ma costituisca un momento qualificante per tutti di slancio missionario verso il futuro.

Cesena, 1º dicembre 2019
+ Douglas Regattieri