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Walter Amaducci: Testimonianze su don Lino



Gabriella Guiducci



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GABRIELLA (LELLA) GUIDUCCI

DON LINO: IL DONO DI UNA PATERNITÀ CHE MI HA GENERATO AD UNA FEDE CHE C’ENTRA VERAMENTE CON LA VITA.

Il ricordo del primo incontro è indelebile. Ragazzina tredicenne ero da poco entrata a far parte dell’ A.G.I. (Ass. Guide Italiane) e quel giorno, nella sede allestita nello scantinato dell’istituto della Sacra Famiglia, avrei conosciuto l’assistente religioso. Noi in cerchio e al centro un sacerdote piccolo, dallo sguardo vivo e penetrante, che parlava appassionatamente di Gesù, della sua singolare umanità, dell’amore per ciascuno di noi fino al rispetto assoluto della nostra libertà, di come seguire Lui aveva come conseguenza la nostra piena realizzazione. Vivere secondo i Comandamenti e affidarsi alla Chiesa era, quindi, una libera risposta d’amore a un così grande dono ricevuto.

Questo era ciò per cui il mio cuore era fatto e che la mia giovinezza anelante a qualcosa per cui valesse veramente la pena vivere, cercava.
In questo don Lino ha desiderato farmi crescere con proposte educative chiare, anche esigenti ma rispettose, con il dono della sua amicizia quando la ragazzina è diventata capo Scout, ha conosciuto attraverso di lui il carisma di don Giussani, si è fidanzata, sposata, ha avuto figli, e, dalla vita, gioie e dolori.

Don Lino ha dato a me, come a tantissimi altri, la possibilità di vedere con certezza la Meta verso cui procedere; non posso però non ricordare anche alcuni aspetti particolari a cui mi ha educato.

Innanzitutto l’accogliere la bellezza che spalanca il cuore: nelle persone, nella natura, soprattutto nella montagna da lui vissuta primariamente come un’avventura dello spirito, nel canto liturgico e popolare. È indimenticabile il suo arrivo al campo scout con zaino e fisarmonica (non era certo un mago nel suonarla) a tracolla e nell’ora fissata si cantava con allegria, ma impegnate a seguire il maestro che sollecitava a partecipare anche quelle “stonate come vacche spagnole”, assicurando che avrebbero imparato e …. quasi sempre era vero. Anche il significato del gesto, di ogni gesto, da quello liturgico al fuoco di bivacco, all’indossare la divisa, all’atteggiarsi col proprio corpo: tutto doveva nascere dal di dentro ed essere espressione di ciò che si è e riverbero dell’importanza di ciò che si fa.

A questa esperienza piena ho spesso pensato con gratitudine quando, assieme a mio marito Carlo, che aiutava don Lino ad orientarsi nel messale, partecipavo alla Santa Messa celebrata da lui, ormai incerto e spaesato nella realtà ma ancora lucidissimo nelle omelie e saldo nel suo amore per Gesù. E ancor più il giorno della sua morte quando, con affetto profondo ho stirato per lui la cotta che doveva indossare per presentarsi al suo Signore.





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