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Walter Amaducci: Testimonianze su don Lino



Arturo Alberti



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ARTURO ALBERTI

Don Lino Mancini è stato per me lo strumento della Provvidenza per inserirmi nella via della salvezza e trovare una risposta adeguata e verificabile alle domande del mio cuore.
Sono sempre stato inserito nell’ambito della Chiesa attraverso l’Azione Cattolica, il catechismo, l’attività di chierichetto cui mi aveva introdotto don Sisto a Gambettola.
Conoscevo, quindi, la figura di don Lino anche attraverso sua sorella, la maestra Mancini, che a Gambettola era mia catechista e mi aveva preparato al concorso per il premio “Roma” nel 1956.
Ma quando sono entrato al Liceo Classico l’impatto con la sua personalità è stato decisivo. Quando entrava in aula si dirigeva direttamente alla lavagna e segnava due semplici linee direzionali che partivano dalla persona: morte e vita. «Dovete scegliere voi - diceva - quale direzione prendere».
Nel 1963 partecipai alla classica gita della seconda liceo che aveva una durata di sei giorni: la meta era Vienna. Don Lino aveva da poco incontrato l’esperienza di Gioventù Studentesca promossa da don Luigi Giussani a Milano e presente ormai anche in Romagna, dove la figura di riferimento era don Francesco Ricci. In quella gita ci entusiasmò tutti con la proposta di un cristianesimo che c’entrava con tutti gli avvenimenti della vita, con la quotidianità della nostra vita, con le problematiche dello studio: un cristianesimo che non stava “accanto alla vita” ma c’entrava nella vita e ci dava gusto, significato e capacità di giudizio. Cominciai durante la gita a vivere “il raggio”: momenti di comunicazione della propria esperienza messa in comune con disponibilità ad accettare un giudizio autorevole. In quella gita abbiamo passato ore e ore a parlare, confrontarci, domandare con la costante presenza di don Lino. Alcune sere, senza accorgercene, arrivavamo a parlare fino alle due di notte.
Per me fu l’inizio di un’appartenenza che ha caratterizzato e continua a caratterizzare tutta la mia vita. Per altri fu un momento molto positivo che però non ebbe un seguito duraturo. Don Lino ci ha poi accompagnati nella nostra esperienza universitaria. Una volta alla settimana veniva nel pensionato di via Guido Reni a Bologna per un incontro di catechesi. Quando nel 1968 cominciò la cosiddetta “contestazione” da parte del movimento studentesco, molti di noi si sentirono attratti dalle analisi marxiste, dal desiderio di giustizia, dalla voglia di cambiamento sociale. La nostra salvezza (ancora queste parole nel mio cammino con don Lino) fu l’ancoraggio certo alla comunità di origine di Cesena e la compagnia educativa di don Lino e don Ezio. Al sabato pomeriggio, reduci da una settimana di polemiche, dispute verbali, utopie, ci trovavamo con don Lino a Palazzo Ghini a studiare un testo di cultura biblica molto complesso per noi: Teologia della Rivelazione di Remì Latourelle. Ci sembrava una perdita di tempo e anche un paradosso: mentre il mondo bruciava noi studiavamo la Bibbia. Però ci siamo fidati ed è stato un momento decisivo per superare la bufera ideologica che travolse anche tanti nostri amici. In uno dei momenti più duri, quando Franco Casadei ed io continuavamo a proporre di utilizzare strumenti culturali e di giudizio non legati alla tradizione cristiana, don Lino ci disse con molta durezza: «Decidete se volete stare con Pintor o col Signore» (e ce lo disse in dialetto). Una proposta così netta e decisa ci aiutò molto a scegliere Gesù. In sintesi vorrei sottolineare alcuni aspetti di don Lino che mi hanno sempre colpito:
• La sua grande statura di maestro. La sua autorevolezza derivava anche dalla profonda cultura biblica, oltre che dalla familiarità con Gesù.
• La fedeltà al metodo della comunione applicato fin nel dettaglio della vita per educarci. Nelle gite dei campi estivi, nel canto, nella condivisione delle cose: nessuno può dimenticare che, avendo una sola mela, la fece in tante parti quante erano le persone presenti.
• La certezza della fede e del giudizio, che poteva sembrare durezza, ma era desiderio di indicare la Verità come destino di ogni persona.
• La tenera paternità, solo in apparente contrasto con la sua personalità forte, quando ti accoglieva per la confessione dei peccati.
• L’amore struggente per la Chiesa e per il papa, al quale non si è stancato di educarci.
Ci sono stati momenti di asprezze e di incomprensioni, ma ringrazio il Signore di avermi fatto incontrare un prete come don Lino per dare un significato alla mia vita.





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