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Walter Amaducci: Testimonianze su don Lino



Angelo Bazzocchi



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ANGELO BAZZOCCHI

Sono certamente molte le persone che attraverso più di due generazioni hanno conosciuto ed apprezzato l’amicizia e l’opera di don Lino. Che cosa abbia rappresentato don Lino nella vita di molti di noi è ancora molto chiaro nei tanti specialmente in momenti particolarmente difficili per chi come me ha superato l’ottantina e ha vissuto gli anni della guerra prima e la speranza e l’ottimismo poi.
In entrambi questi due periodi la personalità di Don Lino si è manifestata a noi come quella di un uomo di fede che questa fede sapeva comunicare, un uomo schietto e coraggioso che conquistava la stima e la fiducia di tutti. Sono certo che altri sapranno mettere in luce meglio di me le sue qualità. Io desidero raccontare un episodio del settembre 1951, una notte passata in barca con i pescatori. Erano momenti di grande tensione politica e religiosa che coinvolgeva molto noi giovani praticanti nella parrocchia e noi sapevamo bene quanto fossero lontane le idee dei pescatori dalle nostre e come fosse problematico presentarsi a loro con un prete. Ma dopo qualche trattativa trovammo i pescatori che avrebbero accolto nella loro barca alcuni giovani con il loro “professore”.
La sera stabilita ci trovammo nella banchina di Cesenatico con un fiasco di vino e sigarette per i pescatori e a mezzanotte salimmo in barca. Superata la prima difficoltà per la sistemazione dell’abbondante materiale che la pesca richiedeva e per la novità del buio sul mare per noi ragazzi di città, ci trovammo a nostro agio e naturalmente il “professore” iniziò a conversare coi pescatori, si interessò subito del loro lavoro, dimostrando comprensione per la durezza della vita di quegli uomini dal viso segnato dalla fatica che era pesante e che rendeva poco. Loro capirono che il loro scontento destava dispiacere in quell’uomo che con sincerità parlava come un amico.
Così, prima che facesse giorno, regnava sulla barca un’atmosfera cordiale, tanto che divenne possibile addirittura dire chiaramente che bestemmiare non andava bene, non perché lo dicevano i preti, ma per il rispetto dovuto a se stessi e alle altre persone. E noi spontaneamente sentivamo vicina un’altra presenza, quella di una Persona divina che diceva ai suoi seguaci, pescatori anche loro, di tirare le reti anche se pareva loro che fosse una fatica inutile.
Tirata su la prima retata ci impegnammo tutti nel lavoro, ci fu la divisione delle varie qualità di pesce pescato, il lavaggio, la sistemazione nelle apposite ceste. Fu gettata la rete per una seconda pescata, si lavò il fondo della barca e intanto su un pentolone bollivano le canocchie che dovevano costituire la colazione per tutti. Ci sistemammo in circolo al centro della barca dove furono versate le canocchie che ognuno prendeva, sbucciava, immergeva in un comune tegame di sugo e mangiava.
Questa colazione fu per tutti, pescatori e noi, un momento di fratellanza, di vera comunione che fece sparire il resto di qualche perplessità suscitata dalla novità della circostanza. E infine arrivò il momento del ritorno e io riflettevo su quelle ore trascorse con persone che non conoscevo e che certamente in altre circostanze, nei nostri diversi ruoli, ci avrebbero portato a discutere aspramente su idee diverse, mentre avevano toccato anche il cuore di quegli uomini e avevamo capito che era un cuore buono . Al momento di scendere dalla barca uno di quei pescatori mi disse: “Quel professore parla molto bene, ma è professore di che cosa?” io risposi: “Di molte cose, e a noi insegna anche a vivere.” Però, ripensandoci, non sono certo che non avessero capito che “il professore” era in realtà un prete.





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