Deprecated: Function eregi() is deprecated in /membri/walteramaducci/func.inc.php(170) : eval()'d code on line 1
Walter Amaducci: Testimonianze su don Lino



Pierina Benini Bazzocchi



torna indietro all'elenco dei Documenti.Elenco Documenti     Stampa questo documento dal titolo: Pierina Benini Bazzocchi. Stampa

PIERINA BENINI BAZZOCCHI

C’è una luce che splende nei ricordi della mia lontana giovinezza: l’aver potuto conoscere e seguire come direttore spirituale don Lino Mancini nelle molteplici attività di cui essa fu ricca.
Nell’Azione Cattolica, nella FUCI e poi nel Movimento Scout femminile, importato a Cesena dalla prof.ssa Rosa Calzecchi Onesti da Firenze dove insegnava prima del trasferimento nel nostro Liceo, don Lino fu una guida sicura e generosa per me che, dall’immediato dopoguerra, ne feci parte impegnadomi anche come dirigente.
Don Lino era una figura luminosa. Le lezioni di religione erano non solo convincenti ma gioiose. Era un amico che spazzava via i dubbi e le paure che nel difficile dopoguerra che vivevamo erano tanto numerosi.
Nell’estate del 1946 il parroco di San Rocco, don Primo Ricci, organizzò un campeggio presso Predazzo, in Trentino, la prima esperienza del genere, credo, in diocesi di Cesena. A me fu data la cura e la responsabilità. Ma il mio compito fu reso più facile perchè anche don Lino vi partecipò per diversi giorni.
Le Messe da lui celebrate all’aperto - grande novità per noi - su un prato o su una vetta, su altarini messi insieme dai più bravi e ornati di qualche stella alpina, erano una scuola di vita e di fede; erano gioia di vivere, di pregare, di cantare. Un’arrampicata su una vetta lo mostrava a noi più giovane di tutti non tanto per l’età ma per l’entusiasmo che ci infondeva e che allontanava da noi i tristi ricordi e le dolorose esperienze della guerra da poco finita.
A don Lino i giovani studenti, le associazioni diocesane del tempo devono la loro formazione religiosa, sociale, politica. Lui ci insegnava con evidente naturalezza a costruirla in piena unità.
Era caduta una dittatura; se ne profilava un’altra. Don Lino ci dava le convincenti motivazioni per un totale impegno a batterci per la libertà. In nome della fede. Ci inviava nelle parrocchie, all’avvicinarsi del 18 aprile 1948. I nostri non erano comizi di partito ma professioni di fede. Anche per questo, quando le parrocchie non avevano locali adatti parlavamo… in chiesa!
Per quel che mi riguarda personalmente, io non posso non manifestare quel che don Lino fece per me in una contingenza che avrebbe potuto avere un esito tragico.
Negli ultimi mesi della guerra, vicino a casa mia, presso Villa Arco, c’era un accampamento di soldati tedeschi; erano giovani, alcuni studenti universitari. Qualche volta, la sera, si parlava nell’aia del contadino di fronte a casa mia. All’università ero stata obbligata a studiare la lingua tedesca mentre vi era stato abolito 1’inglese. Anch’essi spesso apparivano stanchi ed avviliti. Ma una sera non mi accorsi che c’era un nuovo e che gli altri che conoscevo erano piuttosto taciturni. Stupidamente, fra una parola e un’altra, mi venne di dire che… loro avrebbero perduto la guerra.
Il soldato nuovo andò su tutte le furie. In piena notte la mia casa fu circondata ed io fui trascinata via in mezzo a una pattuglia. Fui portata alla Rocca ove era un carcere tristemente famoso per le fucilazioni e il Comando tedesco. Per tutto il resto della notte fui tenuta davanti a un tavolo con una lampada puntata in faccia. Mi interrogava un ufficiale che mi accusava di essere una partigiana. Al mattino mi fece chiudere in una cella che veniva aperta per darmi un pezzo di pane e una ciotola d’acqua… e per dirmi che se trovavano un tedesco ucciso in città io avrei avuto la stessa sorte.
Dopo una settimana fui liberata. Seppi dalla mia mamma che era andata dal vescovo a chiedere aiuto e che lui aveva mandato “un prete” a parlare ogni giorno a quell’ufficiale e che lui aveva ottenuto il rilascio. Nessuno mi disse che “quel prete” era don Lino. Lui non me lo disse mai nè mai accennò al fatto. Io imparai che la mia liberazione era stata opera sua, molto tempo dopo, da una cronaca di «Avvenire» scritta dal maestro Giuseppe Sirotti.
Ecco quel che io devo a don Lino, mio salvatore, mio maestro di pazienza nelle difficoltà, di preghiera, di riconoscenza a Dio nel dolore.





torna indietro all'elenco dei Documenti.Elenco Documenti