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Walter Amaducci: Silvia, la vita negli occhi

Silvia, la vita negli occhi.    



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Quando ho cominciato a raccogliere testimonianze sulla vita di Silvia, rivolgendomi ai suoi familiari, agli amici e ai conoscenti, non ho ritenuto di dover fare altrettanto aggiungendo la mia. Allorché i contributi si sono avvicinati alla ventina, mi sono reso conto che accumulare notizie e documentare eventi, ricorrendo anche ad appunti personali, non equivaleva a testimoniare l'unicità di quel rapporto che si era instaurato tra me e Silvia.

Ma ho anche pensato che stenderne il profilo biografico e curare la raccolta delle testimonianze che oggi vengono pubblicate poteva bastare, almeno per il momento, a pagare quel debito di gratitudine che tutta la comunità parrocchiale di San Pietro ha contratto nei confronti di questa donna.

Cercherò di non immettermi immediatamente nel genere letterario dell'agiografia, guidato dal senno di poi benché la mia conoscenza di Silvia Passerini sia incominciata proprio dentro la chiesa di San Pietro, che lei frequentava anche nei giorni feriali, partecipando assiduamente alla S. Messa.

Ho fatto il mio ingresso come parroco a San Pietro il 16 maggio 1999, lo stesso anno che ha registrato per Silvia una svolta peggiorativa del suo stato di salute. L'ho conosciuta già claudicante, visibilmente segnata dunque da problemi seri a livello fisico. Ancora autonoma, arrivava e ripartiva con la sua automobile, sola, senza bisogno di accompagnamento.

Più tardi ho conosciuto la figlia Maria Michela, divenuta ormai indispensabile al suo fianco. L'evolversi della malattia e il simultaneo viaggio interiore di Silvia hanno avuto una marcata ripercussione su tanti di noi, consentendoci di sperimentare l'azione della grazia divina nell'intimo delle persone e dentro i fatti della vita, invitandoci a prendere atto di un insegnamento esistenziale ricco di soprese e di risvolti complessi, probabilmente ancora da decifrare sotto tanti aspetti. Basta pensare a quell'itinerario di approfondimento, denominato "Quattro passi col malato" che ci ha visti impegnati nel corso di questo anno pastorale.

La sera di venerdì 5 aprile 2013, al termine della Messa di settima, mostravo ad un gruppetto di persone raccolte in sacrestia un ingrandimento della foto di Silvia, quella scelta dai figli per il ricordino funebre. Fu il primo segno di una iniziativa che proposi ai convenuti citando le parole pronunciate da Gesù al termine del miracolo della moltiplicazione dei pani: "Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto" (Gv 6,12): una raccolta di ricordi e testimonianze su Silvia Passerini, allo scopo di coltivarne il ricordo e diffonderne la conoscenza.

Ringrazio tutte le persone che hanno aderito a quella richiesta, con una menzione particolare per Maria Michela che si è coinvolta in questa impresa in modo profondo e appassionato, quasi a prolungare anche in questa maniera, quella presenza e quella dedizione vissute per anni accanto a sua madre.

Auguro a tutti coloro che non hanno conosciuto personalmente Silvia di potere attingere da queste pagine quelle sollecitazioni e quegli arricchimenti che le testimonianze sono sempre in grado di offrire. Auguro ai testimoni di ravvivare in loro, insieme al ricordo, l'affetto e la gratitudine per Silvia, col proposito di fare tesoro ogni giorno del bene incontrato e dell'insegnamento ricevuto.

Don Walter Amaducci