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Walter Amaducci: Conferenze



La vocazione



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LA VOCAZIONE

Ripartiamo dalla tre giorni: «Fratelli, che cosa dobbiamo fare?»
In che cosa dovremo cambiare poco o molto rispetto alle nostre abitudini attuali...
Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia significa il vero contenuto della fedeltà.
Fedeltà: non è restare impalati sulla riva del lago dove è risuonato il «Seguimi»
Seguimi dice un’obbedienza dinamica, sui passi di un maestro che salirà il Tabor e poi il Calvario... e salirà anche in cielo dando l’impressione di dover proseguire da soli...

Tutta la questione vocazionale non è che fare la volontà di Dio
«O Dio che unisci in un solo volere le menti dei fedeli, concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi e desiderare ciò che prometti perché fra le vicende del mondo là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia».

Una novità colta in vari interventi: non è che Dio ci sta chiedendo qualcosa di diverso? Una vita ecclesiale diversa? Impostata diversamente?
Anche per le vocazioni al sacerdozio ministeriale: dovremo fare con pochi preti, o senza preti? Conosciamo già situazioni del genere da decenni, in America latina

Facciamo un passo indietro, e ripartiamo bene come durante la tre giorni, dalla vocazione alla santità: questa è la volontà di Dio: la vostra santificazione! (1 Tess 4,3) la perfezione della vita cristiana: la perfezione dell’amore secondo il vangelo, non secondo Hollywood, i verdi e gli ecologisti e neppure secondo i Buddisti e i Musulmani.
Satana è all’opera sempre: e dove c’è menzogna e morte lì c’è puzza di zolfo, a prescindere dalla buona fede che talvolta potrebbe anche esserci, e la si chiama ‘ignoranza invincibile’.

Nel cambiamento, o nella crisi, cerchiamo punti fermi: ci sono? Certo.

1. Dio chiama certamente alla fede cattolica. Vivere da cristiano nella Chiesa cattolica è la vocazione certa di ogni uomo, dopo Gesù Cristo. Questa è la via ordinaria della salvezza degli uomini. Ordinaria significa quella progettata da Dio: non è un fatto di numero, non va a sindacare le sue vie straordinarie. «Andate ed evangelizzate... santificate, guidate»: non ha chiesto altro ai suoi inviati.
Se la nostra gente è sempre più scristianizzata, se le nuove generazioni non ne vogliono sapere di Cristo sbagliano, e se noi siamo titubanti su questo, sbagliamo.

2. La risposta di fede e di santità non sono solo opera umana, di impegno ascetico, di impostazione pastorale. Sono innanzi tutto opera della grazia che ha dei canali altrettanto certi: la preghiera e i sacramenti. In chi è personalmente implicato - e ognuno di noi lo è - e in chi è impegnato ad aiutare altri, e alcuni lo sono particolarmente: i pastori prima di tutti.
«Pregate il padrone della messe perché mandi operai».
Non ci chiede anche di pregare, ci chiede prima di tutto di pregare.
Se crediamo poco all’efficacia della preghiera abbiamo mille ragioni per credere anche meno all’efficacia del nostro esempio e delle nostre parole.
«Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al ministero della parola» (Atti 6)

3. Esempio e parole che tuttavia non devono mancare.
Esempio. Da molti anni, ma direi da sempre, conveniamo che la prima proposta eloquente è quella di una vita contenta, ‘realizzata’, non frustrata.
Non è sufficiente, ma penso necessario.
Anche per il matrimonio: l’esempio dilagante dei fallimenti è una controproposta di grosso peso circa la famiglia fondata sul matrimonio cristiano.
Noi sappiamo che anche il limite e il peccato, oggetto sincero pentimento e di superamento, diventano paradossalmente testimonianza: perché traspare la convinzione e l’entusiasmo della sequela.

4. Convinzione ed entusiasmo non sono sinonimi di spensieratezza o di serenità epidermica. La testimonianza evangelica costa sempre. E ci sono momenti della storia in cui non è possibile una fede se non a caro prezzo.
Abbiamo pensato per decenni di poter anche morire martiri - qui in Italia -per mano del comunismo, come è anche accaduto, e come intanto avveniva e continua ad accadere in altre parti del mondo. La mano più probabile per noi, oggi, è quella islamica.
No, non camminiamo su un sentiero vellutato né possiamo incolpare Gesù di averci ingannati su questo punto: «Chi vuol venire dietro di me... prenda ogni giorno la sua croce». Ma lui ci ha mostrato e ci assicura che ne vale la pena.
Però che debbano svettare come geyser l’arroganza e le pretese islamiche di cui sopra, l’orgoglio gay sbandierato e puntualmente reclamizzato e perfino l’orgoglio pedofilo, e che i cristiani debbano chiede scusa di esistere, zelanti nel togliere i crocifissi dai muri e di fare il Natale religioso solo dentro casa...: questo è proprio troppo! Che pena!
«Concedi di amare ciò che comandi e desiderare ciò che prometti»: il tratto duro del sentiero è motivato dall’attrattiva del traguardo, dalla bellezza della meta.
Il ritrovarsi frequente di noi preti, auspicato da vari interventi, dovrebbe rimettere a fuoco di continuo il perché, così da dare energia e creatività anche al come.


CONTESTO CULTURALE
(mentalità diffusa, aspetti psicologici, dati sociologici)

Vocazione alla santità e vocazione in generale: ad una convinzione teorica sulla possibilità e sul dovere di «rispondere» a Dio che chiama, si oppone una barricata di contro-impressioni o contro-convinzioni diffuse che ci contagiano. Sono fortissime nei giovani, ma non di rado altrettanto virulente nei loro genitori negli adulti in genere. In modo disincantato dobbiamo verificare quanto noi stessi le identifichiamo con prontezza e le vinciamo.

1. Idolatria dell’indipendenza o mentalità libertaria

La vita è già pensata da Uno, da Chi l’ha inventata. Lo scopo della vita va scoperto, riconosciuto con umiltà e gioia e e prseguito senza tentennamenti.
La dipendenza dalla verità è la massima saggezza dell’uomo. D’altra parte questo è l’atteggiamento di ogni ricerca seria, a cominciare da quella scientifica.
In ogni esperienza di peccato si ripete l’atteggiamento arrogante della creatura che ignora il creatore: «Sarete come Dio», cioè sarete voi gli dei di voi stessi e deciderete per che cosa esistere e che cosa sazierà il vostro bisogno di senso, di felicità e di vita in pienezza.
Io sono mio, io mi appartengo, io mi faccio! E a mia immagine e somiglianza mi creerò anche il Dio o gli dei di una religiosità che mi dia l’impressione narcotizzante di una apertura alla trascendenza e perfino di una continuità con l’esperienza religiosa che mi circonda.

2. Diffidenza e ostilità cresente di fronte al «per sempre».

Tutta la nostra civiltà tende a negare o a restringere la possibilità di scelte per sempre. Progresso scientifico e tecnologico, mondo del lavoro, patrimonio della conoscenza: tutto alimenta il senso della provvisorietà, dell’evoluzione rapida, del cambiamento continuo, della reversibilità.
La stessa scelta di mettere al mondo un figlio e i legami parentali presentano sintomi patologici impressionanti: forse non è solo frutto di prurito e di esasperazione della notizia questo dilagare di delitti in famiglia.
La concezione della vita eterna. Il 25% delle nuove generazioni crede nella reincarnazione. E gli altri? Una situazione irreversibile pro o contro Dio per l’eternità appare inconcepibile. Ma è questo che Gesù ha insegnato.
Una scelta per la vita, nel matrimonio o nella consacrazione per il regno, sembra troppo alta per l’uomo, sproporzionata alle sue capacità. C’è qualcosa di vero in questo allorché si ignorasse del tutto l’opera della grazia.

3. In ambito di oddedienza di fede e di appartenenza ecclesiale: il ricatto del relativismo

Una forma di relativismo diffuso porta a decidere di non esagerare.
Basta salvarsi l’anima - Anche i non cristiani si salvano.
Si tratta di un atteggiamento assurdo e incoerente.
Che ne sarebbe se uno applicasse questo criterio alle altre questioni che contano? La salute: «Dottore è mortale questa malattia? No! Allora posso tenermela senza curarla...»
Economia familiare: «Andrò in fallimento, finirò sul lastrico con questo sistema? No, un tozzo di pane , un tetto e un po’ d’acqua non mi mancheranno Allora non mi preoccupo».

Pascal: «La sensibilità dell’uomo per le cose piccole e l’insensibilità per le cose grandi è indizio di uno strano pervertimento».





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