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Walter Amaducci: Conferenze



La Bibbia perché?



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Walter Amaducci

LA BIBBIA PERCHE'?

Cesena, Palazzo del Ridotto, martedì 31 ottobre 1995 - Tavola rotonda



E' un libro fondamentale, quello che sicuramente batte tutti i primati, il libro dei libri, il best seller, la raccolta di scritti che sfida nel Guinness ogni altra opera, la più tradotta (2000 tra lingue e dialetti), la più stampata (oltre che il primo libro stampato da Gutenberg nel 1450), la più letta (verosimilmente; ma non dimentichiamo che in tante case la Bibbia entra come libro illustrato, in edizione miniata e di lusso, destinato a svolgere soltanto la funzione del soprammobile); è l'opera più ripresa per tante sue parti dalle varie espressioni dell'arte e della creatività umana ma, soprattutto, l'ispiratrice delle scelte, delle azioni, la plasmatrice della mentalità, del pensiero, degli affetti e delle decisioni, in una parola della cultura e delle culture di decine e decine di popoli, di miliardi di uomini.
La Bibbia, ad esempio, è un grande codice linguistico come lo ha chiamato un critico canadese (Northrop Frye: Il Grande Codice) indicandola come la matrice che sta alle radici della nostra cultura anche dal punto di vista linguistico. Lo stesso Auerbach diceva che ci sono due grandi stili fondamentali du cui tutti noi siamo figli: Omero e la Bibbia.
Queste sono le prime, immancabili osservazioni da preambolo, da vestibolo; dietro, a sua volta, ci sta la vicenda di un popolo, la vicenda di altri milioni di uomini conosciuti nella loro esperienza religiosa, anzi nella loro avventura di fede che non solo è diventata emblematica e punto di riferimento per tanti altri, ma ha continuato ad essere l'alveo nel quale, senza interruzioni, è proseguita la medesima adesione al Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, di Mosè e di Gesù Cristo.
Il passaggio non appare certo lineare nel suo complesso.
Tutti coloro che oggi non solo leggono la Bibbia, ma si affidano ad essa, vedono scorrere al loro fianco, vicine o lontane, diramazioni e ramificazioni, esperienze di fede e di vita imparentate all'origine, con percorsi comuni alle spalle, ma ora distinti e separati. Qui si palesa il primo grande turbamento: la presa d'atto che l'ideale continuità di questa storia di fede non coincide, che anzi dietro le medesime parole stanno contenuti e interpretazioni profondamente diverse.
Che cosa accomuna, allora, il nostro convenire attorno alla Bibbia, qual è l'indiscutibile legame e convergenza che fa sedere allo stesso tavolo un cattolico, e un avventista del variegato mondo delle chiese riformate? Se fosse stato con noi anche un esponente della comunità ebraica il problema sarebbe apparso ancora più complesso: noi ci ritroviamo all'interno delle Società Bibliche e dal 1985 abbiamo in mano la Traduzione interconfessionale in lingua corrente. Ma su quali aspetti d'altra parte occorre ammettere che non esistono al momento possibilità di convergenza?
La BIBBIA:
1. Un libro sacro perché ispirato
2. Una tradizione ce lo consegna e ce lo interpreta
3. Un libro che va conosciuto e ascoltato


1. LA BIBBIA E' UN LIBRO SACRO PERCHE' ISPIRATO



La Bibbia è un libro sacro

Questa concorde affermazione è la più semplice da cogliere e da spiegare. La sua base è già nel senso religioso, i paralleli si trovano in tante altre religioni, le più svariate, : ci sono i Veda nell'Induismo, il Tipitaca nel Buddismo, il Corano per l'Islam.
La Bibbia è uno dei tanti libri sacri dell'umanità? Per uno storico delle Religioni sì, e niente di più. Dal punto di vista fenomenologico il testo sacro è uno degli ingredienti del fenomeno religioso. Per noi è il libro sacro: gli altri testi sono l'espressione di una domanda e di una intuizione. Qui c'è la risposta data da Dio stesso, in eventi e parole.

La Bibbia è un libro ispirato

Questa è l'esplicitazione del motivo che sta alla radice della sua sacralità. La Bibbia non un libro soltanto umano, ma ispirato dallo Spirito Santo, un libro teandrico, umano-divino. Dio infatti si è mischiato alla nostra storia, si è rivelato con eventi e parole intimamente connessi, per noi Cristiani ha posto la sua tenda in mezzo a noi, si è addirittura incarnato.
La memoria di questi eventi e parole si è fatta a sua volta rivelazione scritta, parola di Dio fissata in formule letterarie affidate, immediatamente o dopo qualche tempo di trasmissione orale, alla pietra, al legno, al cuoio, ai papiri, alle pergamene.
Il medesimo Spirito della Rivelazione ha presieduto la sua formulazione letteraria e la sua stesura per iscritto.

2. UNA TRADIZIONE CE LO CONSEGNA E CE LO INTERPRETA

Una Tradizione ce lo consegna

La Bibbia non è un libro astratto e vago. Ognuno di noi lo ha ricevuto non semplicemente dalle mani di un libraio, ma da una comunità di fede, dalla propria famiglia, dalla propria Chiesa, dalla propria comunità.
Qui non si tratta di discutere sul ruolo della Tradizione, ma prima di tutto di accorgersi che non può non esistere una Tradizione, prendere atto della propria, conoscerne per filo e per segno l'origine, il percorso lineare o tortuoso, i punti di svolta e quelli di contatto con le tradizioni altrui. Occorre essere estremamente leali con la propria tradizione e altrettanto schietti con quelle altrui.

La raccolta di testi che chiamiamo Bibbia non è la stessa per tutti noi.
Per l'ebreo si compone di 39 libri, per il Cattolico di 73, per l'Avventista di 66.
E' la grossa questione del canone, di chi si è sentito l'autorizzazione e la capacità di fissarlo. Certo tutti dovremo in qualche modo riconoscere un intervento divino anche in questa incombenza: non potrà certo essere un uomo a dare patente di divinità a un testo o a negarla ad un altro.
Il cattolico fa proprio il pensiero di Cristo che la Chiesa apostolica ha comunicato fedelmente nella testimonianza parlata e vissuta, accompagnata e sorretta -questa la sua presunzione- dallo Spirito Santo promessole da Cristo stesso.

Una Tradizione ce lo interpreta

Non mi limito a prendere atto che la Bibbia di fatto viene interpretata in differenti maniere. Aggiungo che in ogni caso essa va interpretata, domanda di mettersi in sintonia piena con i suoi autori umani (attraverso la critica testuale, la critica letteraria e quella storica) e con il suo autore divino, lo Spirito Santo che l'ha ispirata, che suscita in me l'atto di fede, che mi conduce ad una intelligenza sempre più profonda della Rivelazione, verso la verità tutta intera (cfr. Gv 16,13).

La Bibbia non si autospiega in maniera univoca e infallibile: chi l'ha tenacemente sostenuto, in passato, è stato ed è smentito dai fatti. Dalla stessa pagina sono scaturite talora interpretazioni e scelte non semplicemente diverse ma in qualche modo complementari, bensì contrastanti e contraddittorie. Il cosiddetto "principio semplice e razionale" La Bibbia si spiega con la Bibbia non regge di fronte all'evidente e decisivo ruolo che ha la propria Tradizione sia nell'affermare questo sia nel tenere di fatto continuamente le redini, il timone, dell'interpretazione.

La Bibbia va interpretata con l'aiuto dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta, all'interno di quella tradizione viva che lo Spirito Santo anima e sorregge, con i suoi carismi e con i ministeri istituiti da Cristo, a cominciare da quello ordinato.

La Dei Verbum afferma: "L'ufficio d'interpretare autenticamente la Parola di Dio scritta o trasmessa è affidato al solo magistero vivo della Chiesa, la cui autorità è esercitata nel nome di Gesù Cristo. Il quale magistero però non è superiore alla Parola di Dio ma ad essa serve, insegnando soltanto ciò che è stato trasmesso, in quanto, per divino mandato e con l'assistenza dello Spirito Santo piamente ascolta, santamente custodisce e fedelmente espone quella parola, e da questo unico deposito della fede attinge tutto ciò che propone a credere come rivelato da Dio".

Mi sembra importante sottolineare come l'espressione "Parola di Dio" sia sinonimo di Rivelazione: l'unico sacro deposito della Parola di Dio è costituito da Scrittura e Tradizione tra loro strettamente congiunte e comunicanti da non poter indipendentemente sussistere (D.V. 10).



3. LA BIBBIA VA CONOSCIUTA E ASCOLTATA

La Bibbia va conosciuta

Presente in tutte le case dei paesi occidentali, spesso in più copie, La Bibbia resta in gran parte una illustre sconosciuta. "La Bibbia, libro assente": è il titolo di un libro pubblicato qualche anno fa.
Credo che permanga una imperdonabile ignoranza dei cristiani nei confronti del loro testo sacro: essi vi si muovono all'interno andando come a tentoni, con il passo incerto e insicuro dello straniero dentro una grande città.
Quello che scriveva Paul Claudel nel 1948 potrebbe essere ripetuto ancora oggi per vari di noi : "Il rispetto dei cattolici per la Sacra Scrittura è senza limiti: ma esso si manifesta soprattutto con lo starne lontani".
Il risveglio degli studi biblici di questo secolo, il magistero degli ultimi Pontefici e in particolare la ventata conciliare del Vaticano II hanno comunque riportato la Bibbia nelle nostre mani e soprattutto nei cardini della vita della Chiesa (nella teologia, nella catechesi e nella predicazione, nella liturgia, nella preghiera e nella vita cristiana); qualcosa si sta muovendo anche se ancora lentamente.
Le osservazioni appena fatte riguardano il sacro testo della Scrittura, si riferiscono alla lettura, allo studio, alla conoscenza o ignoranza della pagina scritta, della notazione grafica della Parola di Dio. Osservazioni improntate a un certo rammarico per la dimenticanza, la trascuratezza, di cui la Bibbia è stata oggetto e in gran parte lo è ancora.
Ora però intendo fare due altre osservazioni che recuperano in gran parte non solo un po' di ottimismo, ma una visione più ampia e l'identificazione sostanziale del rapporto tra il credente e la Bibbia.
La prima è questa: quando la Parola di Dio mi raggiunge, quando io vengo attraverso di essa interpellato, la riconosco, le credo e rispondo affermativamente, positivamente, allora posso dire che lo scopo della Rivelazione è raggiunto, ed è raggiunto anche il fine per cui esiste la Scrittura.
Ora questo può accadere ed è effettivamente accaduto a tante persone incapaci di leggere o impossibilitate a trovare e possedere il libro sacro. Penso alle sterminate moltitudini di credenti semplici, poveri, analfabeti, che nella predicazione, nelle illustrazioni dei cicli pittorici e nelle sculture (le Bibbie dei poveri), nelle sacre rappresentazioni hanno assimilato le vicende e gli insegnamenti della Storia della salvezza e se ne sono lasciati coinvolgere vitalmente fino a dare quella perfezione di risposta di amore che è la santità.
Intendo dire che è possibile e rischioso un culto materiale del libro scritto che porti a dimenticarne la funzione di strumento della Parola viva del Dio vivente; Parola che, per restare alla storia della Chiesa cattolica, non ha mai cessato di risuonare ed echeggiare nelle comunità e nei cuori dei fedeli.
La seconda considerazione riguarda la cultura più vasta, la mentalità diffusa tra quella gente che magari non si ritiene neppure praticante e non pone eccessiva cura nella propria formazione religiosa. E' innegabile che l'ignoranza a questo proposito si rivela oggettivamente colossale: basti pensare alla sproporzione che nella educazione scolastica esiste tra i programmi dedicati allo studio dei testi storici e letterari, alle opere classiche del pensiero religioso e filosofico e quello previsto per la conoscenza della Bibbia. Cito due voci non sospette: Francesco De Sanctis, esponente della cultura liberale-radicale dell'800, scriveva "Mi meraviglio come nelle scuole, dove si fanno leggere tante cose frivole, non sia ancora penetrata un'antologia biblica" e qualche tempo fa Umberto Eco sull'Espresso scriveva: "Perché i ragazzi di oggi a scuola devono sapere tutto degli dei di Omero e niente di Mosè? Perché devono studiare la Divina Commedia e non il Cantico dei Cantici?"

Ho parlato di ignoranza colossale, ma anche qui dovrei subito precisare che per molte altre strade, magari induttivamente o indirettamente, la gente arriva ad attingere ai contenuti della Bibbia, arriva a fare propria almeno l'essenza del suo messaggio; in ambiente cristiano questo sicuramente vale per i Vangeli o per il N.T.
Dico spesso ai miei studenti: voi siete ignoranti di Sacra Scrittura, ma probabilmente ne conoscete fin troppa considerando quanta ne mettete in pratica (cfr l'aneddoto del copista...).
Giungo così all'ultimo aspetto che mi pare importante, e che riguarda proprio la obbedienza alla Parola di Dio.

La Bibbia va ascoltata

Facendo riferimento a quelle che vengono chiamate le funzioni del linguaggio nella comunicazione: la funziona informativa, la funzione espressiva e quella relazionale o appellativa, è indubbio che la Bibbia contiene in ogni sua pagina la terza di queste funzioni, quella appunto relazionale, che è la più importante. Anche gli elementi e gli aspetti informativi ed espressivi sono a servizio di un appello: l'invito di Dio alla comunione con sé. La Bibbia allora va ascoltata.

E' nota la progressione del detto delle Società Bibliche Internazionali: "Non basta possedere una Bibbia, bisogna leggerla e studiarla; non basta leggere e studiare la Bibbia, bisogna crederla; non basta credere la Bibbia, bisogna viverla", esortazione che ha un riscontro in una frase di Nietzsche che come spina nel fianco ci rammenta quanto sia eloquente ed atteso il linguaggio della testimonianza di vita.

Scriveva Nietzsche: "Se la Buona Novella della vostra Bibbia fosse anche scritta sul vostro volto, voi non avreste bisogno di insistere così ostinatamente perché si creda nell'autorità di questo libro: le vostre opere, le vostre azioni dovrebbero rendere quasi superflua la Bibbia, perché voi stessi dovreste costituire la Bibbia nuova".
Il santo è per l'appunto questa Bibbia vissuta, in perenne e fattivo ascolto del suo Signore e della sua volontà; e tutti noi chiamati alla santità, sappiamo che il primo appello di Dio, all'inizio di ogni giorno, sulla soglia di ogni azione e di ogni scelta è : Ascolta! Come allora "Shema Israel" e la risposta degna e adeguata è quella insegnata da Eli al giovane Samuele "Parla o Signore perché il tuo servo ti ascolta", è la risposta di Maria "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto", a cui la meditazione cristiana volentieri affianca le ultime parole note di Maria pronunciate a Cana, che da consiglio circostanziato, legato all'episodio particolare del banchetto di nozze, s'innalzano al livello di una consegna fondamentale: "Fate quello che vi dirà".

La Bibbia va ascoltata. Un ascolto interiore che promana da una commozione profonda, da un innamoramento e da una sintonia che provoca innanzitutto una metanoia, un cambiamento di mentalità che diventa a sua volta conversione; un ascolto interiore che è già opera della grazia divina, azione dello Spirito Santo. Un ascolto interiore che si chiama preghiera, che anzi è la dimensione più grande, più necessaria e più preziosa della preghiera, di questo dialogo con Dio in cui ciò che io ho da dire a Lui è infinitamente meno importante di quello che Lui ha da dire a me; un dialogo alla fine del quale puntualmente io mi domando e anzi Gli domando: e ora che cosa devo fare?

Faccio mie, a conclusione di questo intervento le parole di David Maria Turoldo a commento del brano di Neemia 8,2-10:

"Avevano letto il libro in piazza
davanti a uomini e donne e fanciulli;
tutti piangevano di lutto e di gioia.
E pure ogni Domenica sentiamo:
Parola di Dio, Parola di Dio!
ma non si vedono cuori intenerirsi,
né volti farsi luminosi...
E invece dovremmo anche noi piangere di gioia
perché è lo stesso Iddio che ci parla,
ed è la stessa Parola che tutto un popolo
in piedi dall'alba fino a sole alto ascoltava
avanti di esplodere nell'incontenibile Amen:
sarà mai così per noi, Signore?
Signore, donaci almeno il rispettoso silenzio,
e di legger bene... Amen."







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