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Walter Amaducci: Conferenze



Seminario e vocazioni sacerdotali ieri e oggi



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Walter Amaducci

SEMINARIO E VOCAZIONI SACERDOTALI IERI E OGGI

Relazione del Rettore al Clero convenuto in Seminario,
in occasione dei Trent'anni del Seminario "Giovanni XXIII",
nella giornata commemorativa di giovedì 16 settembre 1993

Ringrazio il nostro Vescovo del pensiero e del saluto con cui ha voluto aprire questo incontro.
Saluto e ringrazio di cuore della loro presenza gli Eccellentissimi Vescovi qui convenuti: l'Arcivescovo di Ravenna-Cervia S.E. Mons. Luigi Amaducci, il Vescovo di Faenza-Modigliana S.E. Mons. Tarcisio F. Bertozzi, il Vescovo di Forlì-Bertinoro S.E. Mons. Vincenzo Zarri.
Saluto e ringrazio tutti voi, Presbiteri, Diaconi e Religiosi del nostro Presbiterio che, radunati sotto lo presidenza del Vescovo Lino in queste giornate di aggiornamento, avete accolto l'invito a fare di questo terzo giorno una sosta commemorativa e celebrativa dei trent'anni del nostro Seminario.
Nessuna ricorrenza in sè è ovvia o carica di significati: il significato lo dà - o meglio ancora lo coglie - chi, individuo o gruppo, si sente mosso (e non di rado anche commosso) davanti all'automatica segnalazione del calendario a ricollegare il passato col presente, a rileggere il passato dal nuovo punto di osservazione che è il presente, con il domani che incalza: un domani che si fa spazio nei nostri pensieri forse in misura diversa, certo sempre rilevante per chi, come noi, guarda al futuro sorretto dalla fede e dalla speranza; per chi, come tutti noi, all'invincibile bisogno umano di guardare avanti affianca la fiducia nella Provvidenza divina che guida la storia.
Se c'è un filo autobiografico molto resistente che mi lega al Seminario "Giovanni XXIII" e che mi ha spinto a proporre questo momento non credo che qualcuno debba sorprendersene: riconosco apertamente una memoria affettiva. Feci il mio ingresso nel Seminario di via Roverella e l'anno successivo traslocai con la grande famiglia degli 85 (senza contare superiori e personale) vivendo tante emozioni di quella novità che il Rettore di allora, Mons. Aldo Casadei, fra poco rievocherà.
Ma riconosco altrettanto apertamente l'acuirsi di una preoccupazione che è grave: quella dei futuri sacerdoti. Una preoccupazione che è innanzi tutto del Vescovo di questa Chiesa particolare (come lo è di tanti altri Vescovi), preoccupazione fortemente sentita da un numero crescente di fedeli anche se per fortuna e purtroppo ancora contenuto; per fortuna, perché i 152 preti presenti in diocesi uniti ai 22 operanti fuori diocesi e gli 8 giovani avviati al Presbiterato sono un motivo di grata consolazione per il presente; purtroppo, perché si ha l'impressione che siano ancora pochi i fedeli davvero consapevoli della riduzione forte a cui il nostro Presbiterio sta andando incontro.
Questa consapevolezza è invece più presente nel Presbiterio stesso, in voi; che pure in forme e profondità diversificate condividete gli stessi interrogativi, le stesse ansie e soprattutto l'impegno che ne scaturisce.
Soffermandomi su questa seconda motivazione, cioè sulla preoccupazione per il clero di domani che mi tocca in prima persona come Rettore, mi permetto di segnalarla a voi e di sottolinearla come quella che racchiude il significato e lo scopo principale del trentennio che celebriamo.
Il nostro ritrovarci come preti in Seminario a parlare del Seminario è da molti anni un appuntamento fisso, convinti come siamo tutti che i primi indispensabili collaboratori del Signore nella proposta e nell'accompagnamento vocazionale, soprattutto delle vocazioni al sacerdozio ministeriale, siamo noi preti. Quest'anno la giornata vorrebbe avere una eco particolare, più ampia, tra noi e intorno a noi.
Perché? Sta forse accadendo qualcosa di allarmante?
In un certo senso sì, non è esagerato affermarlo, per i Seminari minori e non soltanto per essi.
Questa estate tutti noi Rettori e Sacerdoti incaricati come educatori nei Seminari della regione Emilia Romagna abbiamo indirizzato ai nostri Vescovi una lettera di 5 cartelle corredata di 10 schede di dati, registrando "la difficile situazione in cui oggi viene a collocarsi la proposta vocazionale e la vita stessa dei Seminari". Si parte dalla situazione numerica degli ultimi 15 anni, si elencano i problemi e le prospettive di lavoro, vengono dati suggerimenti e si chiedono indicazioni.
Le cause generali le conosciamo tutti e già da qualche tempo: una denatalità preoccupante, anche per altri risvolti, una mentalità di fede che si sta riducendo, famiglie anche cristiane che sono roccaforti munitissime, aumento nei giovani della paura e dell'insicurezza di fronte a certe scelte vincolanti, incertezza sui modi e sui tempi in cui fare la proposta stessa ai ragazzi...
D'altra parte non aiutano granché i rimpianti, per quanto comprensibili. � vero che nel '65-'66 e nel '67-'68 questa casa ospitava più di cento seminaristi, ma è anche vero che, quando vent'anni dopo, nell'85-'86, terminò questa presenza stabile di ragazzi in Seminario, non fu tanto perché qualcuno decise di chiudere, ma perché non si trovarono più ragazzi disposti a vivere qui dentro; come ancora oggi, nonostante il desiderio e la ferma decisione di riprendere questa convivenza stabile, quando la proposta viene fatta prevale la perplessità nel ragazzo e infine la risposta negativa.
Questo almeno è accaduto nell'anno appena trascorso; ci auguriamo e speriamo sempre che le cose cambino quanto prima. E nel frattempo?
Continuiamo l'accompagnamento di coloro che manifestano l'intenzione di entrare nel Seminario Maggiore. Anche quest'anno un giovane sta iniziando l'anno propedeutico che prevede una serie di momenti qui in Seminario e lo studio di quelle materie (latino, greco, filosofia) ritenute necessarie per poter accedere agli studi teologici.
Vorremmo continuare (è nelle nostre intenzioni) l'attività del gruppo di verifica vocazionale che si ritrovava qui in Seminario un pomeriggio alla settimana e un'intera giornata al mese: un gruppo ridotto che ha presentato una certa mobilità ma che non sarebbe positivo veder venir meno. Attendiamo come sempre segnalazioni di ragazzi da invitare a questi momenti, soprattutto agli incontri mensili di un giorno intero rivelatisi più validi ed efficaci.
La maggior parte della nostra attività sarà ancora indirizzata all'animazione vocazionale, un'attività di cui il Seminario oggi sa di doversi fare carico affiancando i sacerdoti e gli educatori. A cominciare dalla preghiera e dall'invito a pregare per le vocazioni offrendo occasioni precise, credo che il nostro servizio debba radicarsi in profondità disposto a riprendere continuamente dai primi passi. Emerge in primo piano la caratteristica del "seminare2... ma non è tale sostanzialmente la maggior parte del nostro ministero, soprattutto oggi?
"Nell'andare se ne va e piange, portando la semente da gettare..." (Sal. 126,6): si gettano tempo, energie, progetti, speranze; ma il Salmo non si chiude sulla semente buttata... Va detto che questa fiducia sui tempi anche lunghi si sta consolidando grazie alla collaborazione di voi sacerdoti. Il lavoro con i gruppi parrocchiali, soprattutto l'incontro con ragazzi e giovani, in preparazione alle giornate del Seminario ha visto coinvolte quest'anno 54 parrocchie rispetto alle 32 dell'anno precedente. Alla giornata del Seminario che Mons. Vittorio Fusaroli porta avanti dal 1957 si è aggiunta per altre parrocchie quella seguita direttamente dai preti del Seminario. Nell'uno e nell'altro caso la presenza dei seminaristi agli incontri vocazionali (il sabato pomeriggio e la domenica mattina) si è rivelata particolarmente efficace.
Da due anni abbiamo incrementato un'attività con i ministranti (i "chierichetti") riproponendo il campo-scuola estivo a cui fanno seguito, durante l'anno, alcuni altri appuntamenti. La convinzione fondamentale che ci sostiene è questa: un ragazzo comincia molto presto a pensare al suo futuro, pur immaginandolo nell'unica modalità a lui possibile che è quella infantile. Che a questa età conosca che esiste la vocazione al Presbiterato, che è una chiamata grande, che è possibile forse anche per lui e che la accosti in termini non ancora deformati ci sembra un patrimonio davvero prezioso, che un ragazzo è in grado di incamerare e che la grazia di Dio può custodire e sviluppare in lui. Le parrocchie hanno risposto e collaborato: dalle 6 dello scorso anno si è passati alle 15 di quest'anno; dai 31 ragazzi dell'anno scorso ai 61 di quest'anno. Al convegno annuale erano 270 di 34 parrocchie: dunque ce ne sono altri invitatili...
Animazione vocazionale, dunque: un anello di attività pastorale che si è accentuato, se non proprio aggiunto, a monte di quella che era la fisionomia e il ruolo tradizionale del Seminario minore.
Ma c'è un altro anello che si profila oltre la soglia di uscita del Seminario e riguarda proprio noi preti: è il tema della formazione dei sacerdoti così come viene prospettato dalla Esortazione Apostolica "Pastores dabo vobis" e sulla quale S. Em. il Card. Giacomo Biffi ci farà da maestro nella seconda parte di questo incontro. Non è mio compito toccare questo tema ma desidero fare almeno un'annotazione: quello della formazione permanente è veramente un cammino in gran parte nuovo e ci viene proposto autorevolmente dal Papa perché siamo fedeli alla nostra vocazione con quella fedeltà dinamica che consiste nel ravvivare il dono di Dio che è in noi. Il nostro Vescovo nella Nota Pastorale pubblicata in occasione di questo trentennale ("XXX del Seminario, Presbiterio e Chiesa locale") ha insistito con toni particolarmente vibranti sulla novità permanente a cui ci apre la chiamata "nel" Sacerdozio, purché l'accogliamo come facemmo con quella "al" Sacerdozio. Qui è in gioco la fecondità del nostro ministero e con essa (non prima o dopo) la nostra personale santificazione che è una vocazione certa.
La fecondità spirituale è registrata con precisione e sicurezza nei registri di Dio: l'ascetica cristiana e presbiterale non lascia dubbi su questa verità esigente e consolante ad un tempo. Che cosa ha voluto dire per 452 seminaristi in questi trent'anni passare tra queste mura, incontrare quei preti, quegli educatori, quei compagni...?
Delle decine tra prefetti, economi, insegnanti, padri spirituali, vicerettori e rettori vorrei nominare espressamente almeno i Rettori: Mons. Aldo Casadei (che fu Rettore fino al 1965), il Can. Marino Montalti (dal 1965 al 1972), Mons. Luigi Baldacci (dal 1972 al 1979), Mons. Onerio Manduca (dal 1979 al 1990).
E mentre i Rettori (e anche i Vescovi) passavano rimaneva, custode delle memorie e memoria storica egli stesso, Don Matteo Bono in Seminario a Cesena dal 1957.
Desidero fare menzione a questo punto e rivolgere un ringraziamento sincero a tutto il personale di questi anni, sottolineando in primo luogo la preziosissima ininterrotta presenza delle Suore della Sacra Famiglia.
Di quei 452 seminaristi citati poco fa, 60 sono diventati preti (sia ringraziato il Signore); ma a riguardo dei 392 (l'87%) che hanno scelto altre strade, saranno sempre esatte le valutazioni o magari le battute che vorrebbero sintetizzare la loro esperienza?
Considerazioni analoghe andrebbero fatte per l'esperienza dei semi-convittori degli anni '70, ma soprattutto per la presenza e l'utilizzo degli ambienti da parte delle due scuole cattoliche oggi: l'Istituto Magistrale "Immacolata" qui trasferitosi 10 anni fa e la Scuola Elementare "Almerici" che è qui dal 1990. Una scelta di ripiego? Sarà anche vero... Ma innanzi tutto e indubbiamente questo rapporto ha significato un grande investimento educativo; e poi il mantenimento in efficienza delle strutture, una riserva di attrezzatture incrementata, con un chiaro ritorno anche in termini patrimoniali.
Ma torniamo sul campo della formazione e dei formatori. Vorrei fare a questo proposito un'ultima osservazione di carattere pastorale.
Uno degli obiettivi centrali del triennio pastorale che ci vede impegnati sul fronte della nuova evangelizzazione è quello della formazione dei formatori.
A noi sacerdoti devono stare a cuore i formatori non soltanto (ma anche) perché non possiamo fare tutto e arrivare dappertutto, ma principalmente perché una visione di Chiesa tutta ministeriale lo esige.
Formare i formatori, senza lesinare il tempo con loro a cominciare dalla direzione spirituale, è moltiplicare il nostro ministero allargandone il raggio d'azione nel presente.
Formare i formatori, preoccuparsi dei formatori è l'eredità migliore e più preziosa sul piano pastorale che un prete possa lasciare alla sua comunità e alla sua Chiesa.
Profondere le energie migliori per aiutare la scoperta e la risposta vocazionale dei nuovi preti, dei preti di domani accanto a noi e di dopo domani quando noi non ci saremo, non è forse come fecondità pastorale quello che di più grande e significativo un prete possa attendersi?
Il Signore ci conceda di ravvivare il suo dono che è in noi da viverlo con una gioia ed una gratitudine tale che la nostra persona, anche quando non parliamo, possa dire senza equivoci a tanti giovani: "Perché non vieni anche tu...?". Se poi lo diciamo anche con le parole, meglio ancora!





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