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In ricordo di Lena Sacchetti



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A un anno dalla morte


LENA SACCHETTI


Il ricordo di un ex alunno




E' trascorso un anno, appena un anno, dalla morte della Lena. La percezione del tempo mi ha fatto impressione. Ricordo in tutti i particolari il mio primo incontro con lei, il 2 ottobre del 1956 (sono passati ormai sessant'anni...). Era il mio primo giorno di scuola e lei sorridente, con un tono di voce pacato e ricco di una musicalità che non avrebbe mai perduto, stava componendo con pazienza la prima fila, nel piazzale antistante la scuola, della sua nuova prima elementare.

Diplomata del 1942, Maddalena Sacchetti, prima di sette fratelli, si era iscritta alla facoltà di Lingua e letteratura a Firenze (tessera GUF) nell'ottobre dello stesso anno, ma poi aveva scelto l'insegnamento e, dopo un primo incarico a Villalta, nell'ottobre del 1949 aveva messo le radici a Capannaguzzo, dove avrebbe condotto per mano numerose generazioni di alunni nell'apprendimento delle conoscenze elementari: elementari, cioè fondamentali, le più importanti! Non era ancora una scuola a tempo pieno, ma pieno era senza dubbio il contenuto dell'educazione, per cui ogni ora, fino all'ultimo dei suoi secondi, risultava lezione di vita, mentre le stesse nozioni, grazie a metodi inossidabili come l'apprendimento a memoria, la passione della scoperta e la dinamica del gioco (quante gare...) si fissavano indelebilmente nella memoria e non semplicemente accatastate ma tra loro coordinate, tessere di un mosaico ben preciso, che da grandi avremmo riconosciuto e chiamato cultura.

Lena era una donna di fede integrale, al punto che nessuno di noi alunni poteva immaginarla agire, parlare e persino pensare al di fuori da tale orizzonte. Non era bigotta e tanto meno credulona. Quando entrai in seminario fu molto felice, eppure non mancò mai di ripetermi fino alla vigilia della mia ordinazione: "Mi raccomando, pensaci bene!". Sentiva di dover esercitare una vera e propria maternità spirituale nei confronti dei suoi alunni, che anche da grandi, ormai padri e perfino nonni, continuavano a vedere in lei "la maestra".

Questa missione educativa, espressione consapevole di una esplicita vocazione laicale, maturata e nutrita nell'ambito dell'Azione cattolica, connotò la sua assidua partecipazione alla vita parrocchiale di Bagnarola, nell'ottica del servizio, cioè della carità cristiana, che già a diciassette anni, appena diplomata, l'aveva spinta ad essere infermiera volontaria della Croce Rossa. Tra le opere di misericordia, quelle spirituali forse fanno meno scalpore, ma non c'è dubbio che prendendosi a cuore l'intimo della persona, preparano e suscitano molti altri beni di una concretezza formidabile. Lo hanno sperimentato tutti coloro che hanno vissuto con lei, a cominciare dai famigliari, dai numerosi nipoti, dai parrocchiani, fino ai parroci e ai vescovi di fronte ai quali il rispetto e la devozione non erano impedimento al confronto e al consiglio puntuale.

Ma fu soprattutto il mondo vasto e variegato dei suoi alunni e delle loro famiglie a rimanere nel suo cuore come destinatario di una specifica ed insostituibile responsabilità: semel magistra, semper magistra! (una volta maestra, maestra per sempre). Anche il mio ricordo non è che una testimonianza tra le tante, che con un po' di pazienza chiunque potrebbe raccogliere e comporre in una sintesi, capace di consentire alla Lena di varcare le soglie del tempo, e riproporsi anche a chi non l'ha conosciuta di persona, come donna di grande ricchezza umana e di limpida identità cristiana, vissute con tenacia, nella franchezza e nella discrezione, fino all'ultimo dei suoi novant'anni.

Walter Amaducci
CC 21 gennaio 2016, p.15





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