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Walter Amaducci: Articoli



Il bombardamento del 13 maggio 1944



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PAURA E SCONCERTO
il 13 maggio 1944


Tre anni fa si ritrovarono insieme proprio qui a San Pietro. Alcuni di loro non si vedevano da anni; i più provenivano dal cesenate e dal ravennate, ma altri da molto più lontano: Giorgio, Giovanni e Rino da Milano, Bruno da Sassari.
"C'ero anch'io quel tredici maggio a san Pietro": così avevo intitolato il convegno di quei ragazzi (nati tra il 1926 e il 1933) che erano stati protagonisti e testimoni dei fatti raccontati nel libro presentato alla Malatestiana il 4 febbraio 2011 "Quel tredici maggio a San Pietro", il giorno del primo bombardamento su Cesena.
Tutta questa avventura aveva avuto inizio nella tarda serata di mercoledì 9 dicembre 2009 quando mi passarono tra le mani sedici foto della chiesa di San Pietro, quasi tutte inedite. Le più intriganti erano state scattate all'indomani del bombardamento del 13 maggio 1944.
Quel giorno, Cesena aveva subìto il primo assalto da parte delle forze alleate angloamericane; la città aveva pianto un centinaio di morti, undici dei quali erano della parrocchia di San Pietro. Anche la chiesa era stata colpita dalle bombe che avevano arrecato gravissimi danni alla struttura dell'edificio, mentre vari arredi e oggetti d'arte erano stati distrutti.
Circa venti persone erano presenti nei locali della parrocchia (canonica, teatrino, casa del contadino) ed erano riuscite a scampare ad una morte che sembrava inevitabile, poiché tre bombe avevano centrato il complesso parrocchiale con la loro potenza devastante.
Una pioggia di calcinacci e di terriccio insieme ad una nube di polvere aveva investito alcuni dei ragazzi fuggiti precipitosamente dal teatrino dove stavano provando una commedia intitolata "I falchetti della pequena". Il disagio e la paura erano stati immensi, del teatrino non rimaneva più nulla, ma tutti quei ragazzi si erano salvati.
Duranti i primi mesi del 2010 ero riuscito a contattare molti di quei protagonisti raccogliendo i loro ricordi e le loro testimonianze. Contemporaneamente avevo ricostruito, grazie ai diari di Bagnoli, Burchi, Zucal e ad altri scritti dell'epoca, il contesto preciso degli avvenimenti.
Di quella terribile giornata rimane innanzi tutto lo scempio costituito dai circa cento morti, tutti della popolazione civile, "molti di più dunque rispetto ai circa sessanta riportati nella relazione del Municipio sotto quella data, dove si parla anche di 150 feriti e di 35 case distrutte o inabitabili, oltre le ottanta danneggiate. Accade talvolta che ad un esame più attento, approfondito, l'entità di un danno si riveli meno grave rispetto alla prima valutazione. In questo caso, purtroppo, si verificò il contrario e il bilancio definitivo fu possibile addirittura solo dopo alcuni mesi", annotavo nella mia pubblicazione del 2010.
Vorrei anche citare a questo proposito l'osservazione del benedettino Placido Zucal: "Alla incerta speranza di eliminare qualche tedesco o intralciare i suoi movimenti, corrispondeva la quasi certezza di uccidere molti italiani e distruggere i loro edifici. La conferma venne puntuale il giorno dopo quando furono contati circa cento morti e altrettanti feriti anche gravi, mentre fra i tedeschi, dislocati a Cesena, per quella volta, non vi furono né morti né feriti".
Quando Roberto e Augusto rievocavano la giornata del 13 maggio 1944, la loro "proroga" consentiva a tutti noi di cogliere il lato fortunato degli eventi, rendendo meno cupa la tinta complessiva del loro racconto. Ma quelli che oggi possono esordire dicendo "settant'anni fa" devono ormai farlo senza di loro.
Mi capita talvolta di sfogliare i vecchi registri dell'archivio, alcuni dei quali mostrano i segni materiali di quei giorni violenti, e di rileggere le parole scritte dal parroco don Enrico: "13 mayo 1944. Qui sequuntur hodie animam Deo reddiderunt ob hostium saevam aeream incursionem" (13 maggio 1944. Coloro che seguono oggi hanno reso l'anima a Dio a causa della feroce incursione aerea dei nemici) cui fanno eco quelle pronunciate dal vescovo Socche il giorno dei funerali: "Ci ha adunati qui la pietà per questi nostri cari che una barbarie senza nome che segnerà d'infamia i colpevoli nella storia e nei secoli, la più raffinata barbarie che la terra abbia mai visto, ha schiantato in un istante vittime inermi ed innocenti".

Walter Amaducci

Corriere Cesenate, 15 maggio 2014, p.13





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