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Missione diocesana a Cumanà



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LA MISSIONE DIOCESANA - ECHI DI UNA VISITA

Perché noi preti di Cesena e di Sarsina
in missione a Cumanà, a Guyria?

Quando nel 1965 il decreto conciliare sul ministero e la vita sacerdotale "Presbyterorum ordinis" ricordava ai preti la sollecitudine di tutte le chiese (P.O. 10) fondata sulla reale partecipazione al Sacerdozio di Cristo che si dirige a tutti i popoli, fino agli ultimi confini della terra, già da otto anni l'enciclica "Fidei donum" di Pio XII aveva incoraggiato i Vescovi a superare la dimensione territoriale del servizio presbiterale del clero diocesano per destinarlo a tutta la Chiesa (Redemptoris missio, 67-68); e anche da Cesena qualcuno era partito.

Questo insegnamento del Magistero della Chiesa era noto a me, come lo è a tutti i presbiteri di Cesena-Sarsina, unito tuttavia ad una duplice convinzione:
1. che in ogni caso il presbitero diocesano che parte per la missione "ad gentes" debba avere una vocazione particolare, specifica;
2. che questo dono riguardi (come in parte il Concilio autorizza a pensare) le diocesi che hanno maggiore abbondanza di vocazioni.

Questa duplice convinzione mantiene, credo, qualcosa di vero. Da qualche anno, tuttavia, è andata crescendo in me una terza convinzione complementare sintetizzabile nel concetto-verità di comunione-tra-le-chiese che diventa anche interscambio di beni spirituali.
I sacerdoti che vanno, osserva Giovanni Paolo Il, "danno un prezioso apporto alla crescita di comunità ecclesiali bisognose, mentre attingono da esse freschezza e vitalità di fede" (R.M. 68).
Sapere questo, capirlo e infine "sentirlo" è stato il frutto, per me e per altri sacerdoti, soprattutto del contatto diretto con il lavoro che i nostri missionari stanno portando avanti in Venezuela, nella diocesi di Cumanà.

Questa "missione diocesana" che non esaurisce certo l'impegno missionario della Chiesa di Cesena-Sarsina, riveste soprattutto nei confronti di noi preti un ruolo di richiamo e di stimolo, non solo perché don Dante, don Giorgio e don Derno non sono "eterni" ma anche perché "quello spirito veramente cattolico" che abitua a guardare oltre i confini della propria diocesi (oltre che, ovviamente, della propria parrocchia o gruppo) ed è auspicato fin dalla formazione nei seminari, può finire in una delega a qualcuno per tutti e per sempre.

Walter Amaducci
CC 3 ottobre 1992 - p. 7





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