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Walter Amaducci: Presentazione

Presentazione.    



IL SEMINARIO DI CESENA


Presentazione

Se le pietre parlano, possono dire qualcosa a tutti, anche a coloro che le accostano distrattamente o per puro caso. L'unica condizione che chiedono è quella di lasciarsi interpellare o di porre loro qualche domanda che nasca da un interesse vero.
Non so quale capacità di evocazione possa avere oggi la grande struttura del seminario diocesano per coloro che la osservano di lontano; non so quali associazioni di idee o di affetti il nome stesso seminario susciti in coloro che ne frequentano gli ambienti per motivi scolastici o per appuntamenti di carattere diocesano. Forse è fatale una metamorfosi delle opere dell'uomo con lo scorrere del tempo, certamente vario e variabile è il loro significato per ogni uomo e in ogni tempo.
Vent'anni fa, quando ero rettore del seminario diocesano intitolato al pontefice Giovanni XXIII, ritenni opportuno fare memoria del trentennale della sua inaugurazione e approfittare dell'occasione per raccogliere in una breve pubblicazione le testimonianze di coloro che erano stati protagonisti della progettazione e della realizzazione del nuovo edificio, a cominciare da Mons. Aldo Casadei, all'epoca dei fatti rettore e vicario generale del vescovo Augusto Gianfranceschi.
Ma il seminario, prima ancora che un edificio è una istituzione, è un ambito di vita comunitaria, è un periodo di tempo dedicato alla verifica e alla formazione, è il vivaio di una Chiesa particolare attenta alla missione del sacerdozio ministeriale. Non è sempre esistito questo strumento specifico nella storia della Chiesa. Fu il Concilio di Trento, esattamente 450 anni fa, a delinearne l'immagine e a decretarne l'istituzione, nella sessione XXIII del 15 luglio 1563. Sei anni dopo, l'11 dicembre 1569, il vescovo cesenate Edoardo Gualandi notificava a tutta la diocesi l'attuazione di tale decreto.
Le ricorrenze, per quanto convenzionali, possono acuire talora il bisogno di conoscere meglio i fatti ricordati. E' quello che è accaduto a me e al presbiterio della nostra diocesi all'approssimarsi del cinquantesimo di inaugurazione del seminario Giovanni XIII. Ai ricordi personali si potevano aggiungere quelli altrui, alle notizie risapute affiancare informazioni meno note. Ho pertanto accolto con profonda convinzione ed entusiasmo la richiesta di curare l'edizione di una storia completa del seminario di Cesena, persuaso da tempo dell'opportunità di colmare tale lacuna.
La coincidenza dei 50 anni di Cesena coi 450 anni di Trento ha indicato a sua volta un percorso obbligato; per quanto dettagliata fosse risultata la rievocazione degli ultimi cinquant'anni, non poteva mancare ad essa la ricostruzione di altri 400 anni di vita del seminario diocesano, affidata necessariamente ai risultati di precedenti indagini e alla preziosa fonte dei documenti d'archivio.
Tale impresa richiedeva necessariamente un lavoro di squadra, per la mole dei dati e la qualità dei punti di osservazione. Non sta sicuramente a me valutarne il risultato, per quanto ovvia possa apparire l'attestazione della mia premura nei confronti di una ricerca che ho sempre incoraggiato in tutti i collaboratori, unita alla preoccupazione di collocare ogni contributo dentro la cornice di un quadro rigoroso quanto al metodo e sostanzialmente completo quanto al contenuto.
Gli ambiti che ho indagato di persona sono risultati molto avvincenti e addirittura appassionanti, come quello relativo alla costruzione della cappella e alla sua decorazione da parte di un pittore di cui i pochi informati conoscevano appena il cognome. Altrettanto devo dire a proposito della consultazione dei verbali del Capitolo o di altri organismi che hanno una peculiare capacità di trascinare il lettore dentro gli avvenimenti o i problemi trattati.
Ringrazio vivamente il vescovo Regattieri per avere approvato e sostenuto, fin dalla prima ora, il progetto della ricerca e della pubblicazione; ringrazio la Fondazione della Cassa di Risparmio di Cesena per avere finanziato l'opera e la direzione del seminario per la fiducia accordata a me e all'intero comitato di redazione.
Rivolgo un sincero ringraziamento agli autori dei vari capitoli del volume, talora incaricati di affrontare e approfondire più di un argomento. Tra costoro cito in particolare il prof. Claudio Riva, encomiabile per la sua disponibilità e per la collaborazione offerta ai suoi colleghi segnalando le fonti d'archivio e le direttrici di ricerca. Ringrazio il prof. Marino Mengozzi per la cordiale attenzione riservata al lavoro in cantiere, per i preziosi consigli e per la paziente revisione delle bozze. Ringrazio il personale dell'editrice Stilgraf per la collaudata professionalità e la consueta familiarità nelle diverse fasi della redazione del volume.
Una pubblicazione di carattere storico non guarda mai solo al passato, altrimenti non si spiegherebbero le energie e i mezzi dispiegati nel presente per la sua realizzazione. Vorrei pertanto che l'ultima immagine pubblicata negli inserti fotografici di questo volume ne costituisse la chiave di lettura e fosse l'espressione di una speranza condivisa.
Papa Giovanni Paolo II è raccolto in preghiera, inginocchiato al centro della cappella del seminario. Davanti a lui si dispiegano le immagini del ciclo pittorico su Gesù Sommo ed Eterno Sacerdote ma soprattutto sta il tabernacolo che ne custodisce la presenza reale. "La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!" (Mt 9, 37-38). Questa esortazione forse risuonava nella mente del papa; certamente può e deve risuonare nella nostra mente, sempre associata alla voce "seminario".

Walter Amaducci