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Walter Amaducci: Presentazione

Presentazione.    


WALTER AMADUCCI

QUEL TREDICI MAGGIO A SAN PIETRO

Presentazione di Marino Mengozzi


Giunto al termine della lettura ho pensato: questo libro mancava ed era necessario. Succede con le storie coinvolgenti, narrate e disvelate con l'efficacia del metodo, l'immediatezza delle testimonianze e la chiarezza delle argomentazioni: quando vicende di borgata o accadimenti di microstoria lievitano e s'accrescono di valore paradigmatico. E ricordi individuali sfociano in memoria collettiva, trasformando palpiti di quartiere in emozioni urbane.

Ci troviamo in un esemplare caso di narrazione plurima degli avvenimenti e per grado declinata: la tragedia della guerra e gli effetti su popolazione, strutture, cose e patrimonio; gli esiti circoscritti nel microcosmo periferico di un'attiva realtà parrocchiale, costretta a modificare tanto l'ordinaria conduzione pastorale quanto le molteplici attività di risulta; i danni ad un arredo artistico che nel significato liturgico-devozionale aveva radici, ragioni e motivazioni iconografiche; il ruolo dei testimoni scomparsi e sopravvissuti; l'uso perspicace e la finalità investigativa del documento fotografico. Al quale è affidata la ragione di considerazioni nuove e di una scoperta inattesa se non sensazionale: due capolavori, La consegna delle chiavi a Pietro di Taddeo Zuccari (Sant'Angelo in Vado 1529 - Roma 1566) e Sant'Elia profeta di Corrado Giaquinto (Molfetta 1703 - Napoli 1765), secondo la vulgata distrutti nel bombardamento a San Pietro di Cesena del 13 maggio 1944, in realtà sopravvissero a quella tragedia, come attesta inequivocabilmente l'inedita documentazione qui per la prima volta offerta.

Dove sono finite le tele? E' uno dei quesiti che il volume propone e che in parte permangono aperti: ma questo era nelle prerogative dell'autore, che si augura di suscitare ulteriori testimonianze e far sì che possa essere trovato "un bandolo plausibile della matassa se non proprio la soluzione di ogni enigma". Un ineccepibile metodo di lavoro.

Vi si aprono infatti prospettive sorprendenti, come si addice a episodi drammatici e dal giallo contorno. Si offrono molteplici direttrici, ove la microdocumentazione riveste funzione veicolante e trascina con sè il buono dei ricordi e dei sentimenti. Perché per non dimenticare occorre rivivere: e non si rivive il vissuto ma la sua orma che è il messaggio, tanto più forte quant'è il dolore impresso.

Solo un curato poteva cercare e reperire un così elevato e significativo numero di memorie per scrivere queste pagine: con vero slancio per la storia, con autentico affetto per il "luogo pastorale" affidato, con attenta cura per cose e persone. Dopo prove quali Case Finali. Una storia di 890 anni e Il concilio a Cesena, l'autore entra d'imperio nella res publica degli storici. Perché del rerum scriptor possiede curiosità, passione, metodo e penna. L'autore deve essersi anche divertito; per questo il lettore punterà dritto alla fine.

Marino Mengozzi