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Walter Amaducci: Nota_introduttiva

Nota_introduttiva.    


ORABILE DEI CONTI DI GIAGGIOLO


Nota introduttiva


PAOLO E FRANCESCA: anche chi non ha mai letto la Divina Commedia, difficilmente ignora la vicenda e la tragica fine dei due amanti immortalati da Dante. La seconda parte del V canto dell'Inferno svetta sull'intera opera dantesca e le tante tragedie intitolate Francesca da Rimini traggono a loro volta da questi versi l'emozione ispiratrice.
Gianciotto, marito di Francesca e giustiziere della coppia adultera, è altrettanto celebre come personaggio, ma già il suo nome stenta a tenere il passo di quello della moglie e del fratello. Chi invece resta completamente fuori scena né suscita, di solito, curiosità alcuna è il resto della famiglia.
Paolo Malatesta era sposato con ORABILE BEATRICE DEI CONTI DI GHIAGGIOLO, dalla quale aveva avuto due figli: Uberto e Margherita. Anche Francesca era già madre, all'epoca del delitto, di una bimba di nome Concordia.

A Ghiaggiolo - ora Giaggiolo - non mi ha condotto Orabile. Quando, impegnato in una ricerca storica, lessi il nome Giazolo, l'anziano archivista si accorse dell'interrogativo stampato sulla mia faccia e mi spiegò di quale località si trattasse. Raggiunto il minuscolo borgo, rimasi impressionato dai ruderi dell'antico castello e consultai immediatamente il volumetto rosso della Guida d'Italia del Touring per trovarvi qualche informazione. Lessi: "...Giaggiolo m 493, ove sono i ruderi di un castello ricordato dal 1032, che nel '200 apparteneva a quei conti di Giaggiolo dai quali uscì Orabile, figlia di Uberto e sposa di Paolo Malatesta fratello di Gianciotto".
Quelle pietre si trasfigurarono immediatamente e la distanza del tempo sparì. Orabile dei conti di Giaggiolo cominciò a visitare frequentemente la mia memoria, rivendicando discretamente un suo legittimo spazio.
Fissai abbastanza presto in alcuni versi le sensazioni più nitide provate contemplando il torrione del castello, sotto un titolo già chiaramente orientato: Orabile dei conti di Giaggiolo.

Il solido ventre squarciato
si stempera nell'oro della sabbia.
Lenta e solenne la resa
alle carezze ruvide del tempo.
Accorse umiliate al rifugio
fremono tra i rami le speranze
e il pianto puro della donna
povera d'amori e di vendetta.
Risale un viottolo tra il verde
d'edera,d'alberi e di ortiche
fino alla vetta del maniero
e al libero abbraccio dello sguardo.


Poco tempo dopo mi imbattei in una pagina di Piero Bargellini che in poche righe conteneva alcuni elementi essenziali al quadro storico già abbozzato: conobbi i nomi di Uberto e Margherita, figli di Paolo e Orabile.
Crebbe immediatamente il bisogno di documentarmi, di cercare ogni notizia utile a completare la mia conoscenza dell'epoca e dei fatti. Raccogliendo e schedando le diverse informazioni, collegando tra loro le vicende e i protagonisti, mi rendevo conto che lo scenario assumeva tratti unici, che la tragedia a me nota era soltanto uno spezzone di una trama ben più ampia e complessa. Da quegli squarci puntualmente rispuntava Orabile, nei panni di una comparsa muta, ma talmente immersa negli eventi da varcare con sorprendente agilità la provvisoria soglia del silenzio. Non ho dovuto decidere granché. Ho lasciato parlare a lungo quella figura, ne ho ascoltato le confidenze amichevoli, sorretto dalla sufficienza e dalla presunzione tipica di coloro che danno un'udienza giudicata gratuita a chi forse la meriterebbe per diritto. Ma a lungo andare anche l'ascolto è diventato più rispettoso e l'affezione si è fatta più intensa. Così, quasi da sole, le scene di un dramma storico ambientato sui ruderi del castello di Giaggiolo hanno preso corpo e si sono ritagliate il loro angolo protetto dentro la fantasia, fino ad invocare, o addirittura ad esigere, una stesura letteraria.

Ho premesso alla composizione un'ampia nota cronologica, indispensabile a chi volesse cogliere il senso preciso non solo delle allusioni più marginali, ma soprattutto dell'impianto stesso del dramma. Tale contesto storico è corredato di riferimenti bibliografici che ne illustrano le fonti e possono indicare alcune direzioni per eventuali approfondimenti. Il prologo e l'epilogo pronunciati da Orabile, come gli altri due monologhi del dramma, appartengono a quel genere di appelli rivolti al lettore - o allo spettatore - che intendono annullare ogni distanza di tempo e di spazio, sporgendosi in tal modo da quell'osservatorio privilegiato che consente la percezione complessiva degli eventi e la loro valutazione sintetica. I dialoghi, invece, sono collocati in una stagione ben definita della vicenda storica, espressamente identificata nell'estate del 1307 e nello scorcio di quell'autunno che fu, con ogni probabilità, l'ultimo vissuto da Orabile.

Walter Amaducci