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Walter Amaducci: Mistero

Mistero.    


Marino Mengozzi

UN MISTERO CHE DURA DA SESSANTASEI ANNI



Il libro di don Walter Amaducci, "Quel tredici maggio a San Pietro", ripercorre i drammatici momenti delle incursioni aeree che abbatterono quasi completamente la chiesa.
Due tele si pensavano distrutte dai bombardamenti, ma spuntano altre ipotesi



E' tutt'altro che dissonante aprire una finestra su vicende connesse al secondo grande conflitto novecentesco nel momento di massimo fervore preparatorio in vista del 150° dell'Unità d'Italia: se non altro perché, in entrambi i casi, si aprono significative pagine di storia, si ripassano drammatici accadimenti, si rivedono le ragioni e le conseguenze di processi unificatori e ricostruttivi determinati da divisioni e distruzioni che sono sempre frutto di cieche e violente ideologie.
Ma una buona pagina di storia è veicolata da rispetto della verità, lettura onesta di fatti e documenti, esposizione corretta e serietà metodologica. Valga dunque come beneaugurante per la cultura avviare il 2011 con un volume importante, nel merito su vicende nostrane ma con risvolti che oltrepassano i confini della storia locale per accedere a quella artistica: e con non piccolo rumore.
Ma procediamo con ordine.

Prime ore pomeridiane di sabato 13 maggio 1944: Cesena è bersaglio, per la prima volta, delle bombe sganciate dalle forze alleate angloamericane. Furono terribili gli effetti: un centinaio i morti, undici dei quali della parrocchia di San Pietro. Un testimone d'eccezione annota:
"Alle 14,15 si ode il rombo di molti aerei anglo-sassoni, che si avvicina rapidamente; poi fulmineamente gli aerei si abbassano e si dividono sugli obiettivi periferici della città, sganciando bombe in tutte le parti. Impressione enorme, per quanto il bombardamento sia durato pochi istanti. Urli da tutte le parti, terrore! Gli obiettivi colpiti sono: San Pietro, dove è crollata parte della chiesa, e adiacenze con case private addirittura scomparse [...]. Morti e feriti da tutte le parti. Scene impressionantissime e macabre. Piena la camera mortuaria di esseri straziati; piene le corsie di feriti che gemono". Due giorni dopo, "funerali grandiosi delle vittime dell'incursione aerea. Ha partecipato tutta la città ed anche il clero [...]. Il vescovo attendeva in piviale nero, sulla gradinata del duomo: solo, alto, ieratico, seriissimo".
Escono, come noto, dalla penna forbita e acuta di don Leo Bagnoli - cui si deve l'importante testimonianza del suo diario "Gli anni difficili del passaggio del fronte a Cesena" - le realistiche, cinematografiche parole appena riferite: per tacere di altre fonti e altri testimoni, non a caso figure ecclesiastiche e monastiche (don Pietro Burchi, don Primo Ricci, don Alberto Novarese, don Erminio Valzania, don Lino Mancini, don Placido Zucal). E in tanta sequenza non saremo certo i primi a riconoscere i segni di una Chiesa protagonista su tutti i fronti: nello sfascio della nazione abbandonata a se stessa, i pastori sono al fianco della gente e la popolazione disorientata trova nel vescovado e soprattutto nelle canoniche aiuto, protezione, soccorso; e, aggiungiamo noi, informazioni, dal momento che questi uomini in talare addizionano la cultura e la scrittura al loro "bagaglio" missionario, come se la vigile coscienza del presente necessitasse d'un di più per l'avvenire.
Ma questo si chiama anche realismo cristiano, il sovrappiù di saggezza che fa dire a don Lino: "Le bombe degli inglesi e dei tedeschi non sono molto diverse quando ti cadono sulla testa".

Le bombe

Furono proprio le bombe, nella seconda guerra mondiale, le grandi, tragiche protagoniste: l'arma moderna che fece davvero la differenza. Di conseguenza, i bombardamenti aerei costituivano gran risorsa per l'offensore ma gran dramma per la vittima. Temute e attese da tempo anche a Cesena, il rimedio dei rifugi non impedì né attenuò la tragicità di quelle incursioni del 13 maggio, che diedero avvio al tempo degli esodi forzati dalla città.
Nello specifico degli accadimenti che coinvolsero San Pietro, impressionò l'elevato numero di morti così come turbò il fatto che fossero colpite chiesa e parrocchia, vale a dire il punto di riferimento, il centro della vita attorno all'arciprete (nella personalità di don Enrico Magni) che agli occhi dei fedeli riveste funzioni di guida, padre e protettore. E nella distruzione tutti e tutto sono coinvolti: grandi e piccoli, persone e cose, strutture e suppellettili, arredi di poco o molto valore.
A fornirci una dettagliata, completa, documentatissima ricostruzione di quell'orribile giornata per una storica chiesa urbana giunge ora un importante volume, Quel tredici maggio a San Pietro, che si deve proprio al suo attuale parroco, monsignor Walter Amaducci: il quale, da par suo e secondo crismi cui ormai ci ha abituati, scandaglia noto e ignoto, edito e inedito, documenti ufficiali e non, interpellando testimoni sopravvissuti e scovando incognito materiale iconografico che squarcia il silenzio del tempo e il velo del mistero, impone nuove riflessioni su quegli avvenimenti e rilancia ipotesi di forte suggestione.
La prima parte del libro è dedicata alle vittime, al bombardamento e alla chiesa bersagliata, esaminata e radiografata nel suo volto diacronico; nella seconda parte spiccano è considerata la specifica e determinante funzione è il ricchissimo apparato fotografico e quindici testimonianze, con l'obbligato corredo di fonti e bibliografia.

Un giallo irrisolto

Al centro sta il giallo di due importanti opere d'arte di rilevanti pittori: La consegna delle chiavi a Pietro di Taddeo Zuccari (Sant'Angelo in Vado 1529 - Roma 1566), pala dell'altare maggiore; i Santi Elia profeta, Maria Maddalena de' Pazzi, Alberto e un quarto non meglio identificato, di Corrado Giaquinto (Molfetta 1703 - Napoli 1765), pala dell'altare laterale sinistro, dirimpetto alla Madonna del Carmelo.
La ragione del mistero sta nel fatto che mentre fino a oggi si è detto e scritto che quelle tele andarono perdute a seguito del bombardamento, in realtà le foto reperite dimostrano che quei due capolavori oggi scomparsi non andarono distrutti in quella tragica circostanza bellica. Dove sono dunque finiti? Quale destino è toccato loro in sorte? E' pensabile (addirittura sperabile) un loro ritrovamento? L'autore non tralascia alcun quesito, ardisce talune ipotesi e lascia aperta ciascuna prospettiva: nella certezza, tuttavia, d'aver posto la giusta questione con il metodo appropriato. Il volume si legge tutto d'un fiato, si fa percorrere indifferentemente dall'inizio o dalla fine, si guarda e riguarda, sostati e tentati persino d'osservare le inedite foto con la lente d'ingrandimento, in un coinvolgimento di matrice plurima (storica per l'appassionato degli avvenimenti bellici, estetica per l'indagatore dell'arte e dei beni artistici, emotiva per il parrocchiano di ieri e di oggi).

Merito senza dubbio del contenuto, della passione, del metodo, altresì della scrittura dell'autore, noto per le frequentazioni tanto del versante storiografico (si pensi a testi quali Case Finali. Una storia di 890 anni, 1997; Giovanni Paolo II a Cesena, 2006; Il concilio a Cesena. La ricezione del Vaticano II nella diocesi di Cesena-Sarsina, 2007) quanto drammaturgico (d'afferenza sia biblica che storica: Drammi, 2002; Galla Placidia, 2007; Qualche cosa di grande, 2009, con al centro Benedetta Bianchi Porro; Orabile dei Conti di Giaggiolo, 2010, la moglie di Paolo Malatesta di Rimini che Dante immortala con Francesca nel V canto dell'Inferno). Due generi letterari, va detto e riconosciuto, che don Walter pratica con padronanza, destrezza e disinvoltura.

Marino Mengozzi


WALTER AMADUCCI,
Quel tredici maggio a San Pietro,
Cesena, Società di Studi Romagnoli ("Saggi e repertori", 36)
Stilgraf, 2010, pp. 216, ill. 69, euro 20